sabato 30 marzo 2024

Venditrici di rose, altri sepolcri e un misantropo

Un paio di parole (senza troppa bibliografia oggi) su altri tre epigrammi.

Qui dentro c'è qualcosa di Frazetta, ci scommetterei.

Il monodistico AP 5.81, di un anonimo, è stato il primo componimento a instradarmi su una via che mi piacerebbe percorrere nella traduzione di epigrammi greci: rispettare non solo la metrica ma inserire anche delle rime. Facile usare la rima cosa-rosa, e sarebbe ancor più facile fare il commentatore di me stesso: ma sono compiaciuto dei giochi di suoni che ho inserito pure all'interno dei versi. Si tratta di due versetti (greci) in croce, ma voglio condividere le diverse proposte che mi sono fatto.


(end+sen+sen)
Che vendi, o graziosa come le rose?
Te stessa, le rose
o entrambe le cose?

(end+nov+sen+sen)
Come una rosa tu sei graziosa,
vendi qualcosa? Che cosa?
Te stessa, le rose, 
o entrambe le cose?


Alla fine ho preferito qualcosa di più vicino all'italiano che parliamo nel cotidie, senza apostrofi o strutture insolite. Al costo di aggiungere o togliere elementi: queste sono traduzioni poetiche, non filologiche.

(Risultato finale: end+end+sen+sen)
Sei bella e graziosa come una rosa.
Che dici? Vendi qualcosa? Che cosa?
Te stessa, le rose, o entrambe le cose?

Forse ora come ora è più interessante una riflessione più moderna. Usando Bing Image Generator per creare le immagini, mi sto improvvisando prompt engineer per risparmiare i pochi crediti giornalieri che ho. Questo porta a numerosi problemi: il sintagma ancient Greece dà spesso risultati enormemente stereotipati. Ma non soltanto: non sempre considera quell'ancient. Sono passate un paio di settimane da quando generai quell'immagine e ormai ho perso tutti gli scarti (peccato), ma ricordo che era uscita roba veramente strana, talvolta ai limiti del porno, talvolta con braccia occhi e mani teratomorfici. E più era specifico il prompt, più raramente usciva il risultato in cui speravo (avrò generato almeno una sessantina di immagini). Anche questo è significativo, non si tratta solo di essere descrittivi, si tratta di azzeccare le giuste combinazioni per tirare fuori il materiale su cui è stato maggiormente allenato il modello text-to-image. 


Nonostante si tratti di un'allucinazione, è molto evocativa.


L'epigramma su Erasisseno, qualche mese fa, mi aveva ispirato e ho deciso di dedicargli un breve racconto abbastanza strano. Potrei pubblicare altri epigrammi sugli ubriaconi in futuro, è un motivo ben presente nell'Antologia Palatina.


Riguardo all'altro epigramma  di Callimaco, quello su Timone di Atene, poco da dire a parte ciò che ho già scritto su Instagram. Per l'immagine ho usato il generatore di immagini AI "Contenuti magici" di Canva: lo trovo molto meno "granuloso" rispetto a Bing, forse perché è pensato apposta per i social. Bing resta il migliore per le immagini in stile fotografia (accanto a Leonardo AI), ma Canva permette di creare roba disegnata molto carina. A patto che non si sia troppo esigenti sull'esattezza filologica e sul numero di arti e dita degli esseri umani.

Ecco una carrellata. Valete.





"Un bevitore di vino", racconto di giugno 2023

 [Mio racconto scritto il 4 giugno 2023, a mezzanotte circa. Faceva caldo e non riuscivo a dormire.]


Un bevitore di vino

Una volta attraversate le pagine dei primi sei libri dell’Antologia di Heidelberg e le prime quattro centinaia e mezzo di epigrammi (più tre) del sepolcreto costituito dal settimo libro, si può trovare un componimento che così recita:



τὸν βαθὺν οἰνοπότην Ἐρασίξενον ἡ δὶς ἐφεξῆς 

  ἀκρήτου προποθεῖς᾿ ᾤχετ᾽ ἔχουσα κύλιξ.


Quel profondo bevitore, Erasisseno, l’hanno portato 

   via due coppe di vin puro trangugiate alla goccia.


L’Antologia dice che l’ha scritto Callimaco Cireneo, mentre Ateneo Naucratita non gliene attribuisce la paternità. Due grandi studiosi, uno della Cuiavia e l’altro tedesco, della città che fu fondata per seconda in Germania dopo Treviri, ritengono che no, non è proprio da Callimaco questo epigramma. L'elisione del participio nominativo προποθεῖσ[α] sulla cesura del pentametro, suvvia, ma scherziamo!¹ per me,² non c’è problema nel riconoscere che soltanto la mente di Callimaco se ne veniva fuori con dei giochetti del genere.


Filologia a parte, Erasisseno non è un un antico, e a dirla tutta non è nell’Ade che se ne sta oggi. Non perché l’aldilà non esista (Odisseo e Dante da qualche parte saranno pure andati per raccontare quel che videro ponendo le basi della moderna civiltà), ma perché a un certo punto ha avuto la fortuna di liberarsi perché qualcuno aveva lasciato il portone aperto. Voleva soltanto farsi un altro goccetto.

Dicono che ogni tanto, di venerdì, lo si possa incontrare al tavolino nell’angolo in fondo a destra nella sala principale dello Spring Wine Pub. 

Non ho mai avuto il coraggio di disturbarlo. Esistono tanti tipi di bevitore nel mio mondo: chi parte per superare il limite (di solito in questa categoria rientra chi ordina almeno un long island tra i primi 3 drink della serata), chi riesce a mantenersi leggermente ebbro idratandosi debitamente, chi non ha idea di quanto berrà, chi beve anche di giorno, chi beve soltanto per il gusto. 

Erasisseno, dal fegato assai forte sia in vita che dopo, è seduto là. Ha già adocchiato, sul menù,


1/4 L vino della casa      3 euro

1/2 L vino della casa      5 euro

1L vino della casa          7 euro


e ne ha approfittato per stupire il cameriere con una banconota da 20 e una moneta da 1 euro. Il cliente ha sempre ragione, ed ecco accontentato il profondo bevitore.


Infine non indugio, vado lì e mi siedo con lui. Non voglio entrare in competizione, ma ordino una caraffa anche per me, e inizio a bere insieme a lui.

Non ci mettiamo subito a ridere, non è davvero la serata adatta. Lo vedo che è stanco, molto stanco. 

“Sei stanco anche tu di vagare tra i vivi?”, gli dico come battuta.

“Ma no, quello mica mi pesa. È che ci mette davvero tanto a salirmi questo vino, e non ho troppi soldi con me. E penso che la mia carta di credito sia scaduta da un paio d’anni”.

Da giovane, quando iniziai a bere, pensai che il fegato era come un muscolo, che una volta che lo alleni riesce a fare cose sempre più grandiose. D’altronde, a un ragazzetto di 13 anni quattro calici di vino salgono molto facilmente se non lo mandano proprio ko, un uomo adulto può anche guidare in maniera tranquilla dopo la stessa quantità (anche se non andrebbe fatto, anche se stiamo parlando di un morto non promuoviamo comportamenti pericolosi e irresponsabili). Quindi, quanto sarà allenato il fegato di Erasisseno, che già duemila e passa anni fa era quel profondo bevitor di vino accoppato da quella duplice coppa d'a-kraton, di vino non-mischiato con acqua? 

Offro un altro giro triplo, e solo quando finisce di bere, riesco a dirgli perché sono lì con lui.

“Non sto riuscendo a iniziare a scrivere la mia tesi di laurea. Blocco dello scrittore, paura di non fare un bel lavoro, semplice pigrizia”.

“E perché hai dovuto scomodare un epigramma che forse non è nemmeno di chi si dice che sia?”.

Ricontrollo se la mia traduzione dell’epigramma sia perfettamente metrica. Rimando la fine di questo racconto a un altro giorno.




¹ Roba indegna dell'arte metrica di Call.

² Cfr. E. Livrea, Due epigrammi callimachei, «Prometheus», 15, 1989, pp. 199-202 = Id. 1993, pp. 95-100; G. Zanetto e P. Ferrari, Callimaco, Epigrammi, Mondadori, Milano, 2002, p. 101-102; A. Gullo e G. Paduano, Antologia Palatina. Epigrammi funerari (Libro VII), 2022, Edizioni della Normale, Pisa, 2022, p. 1154.

sabato 9 marzo 2024

Tre epigrammi: Filodemo, Callimaco, Asclepiade

I miei ultimi tre post su Instagram sono l'inizio di un esperimento: portare una forma letteraria breve su un social che favorisce la brevità (e l'immediatezza).
Ridurre l'epigramma greco a un genere caratterizzato solamente dalla brevitas è un peccato che non voglio commettere. Di sicuro, non lo voglio inquadrare come un prodotto "di consumo": non si tratta di ciò. Piano piano, vorrei sperimentare l'utilizzo delle immagini per tutti gli epigrammi che un lettore può immaginare iscritti sopra un oggetto, che si tratti di una tomba, di una mela, e, in ultimo, anche di uno stesso volume di papiro. 

Le traduzioni di Callimaco e di Asclepiade le avevo nel cassetto già da un paio d'anni, e dopo averle risistemate e aver donato loro una veste grafica accettabile, ho pensato che andava tradotto anche un epigramma amoroso un po' più carino, ma allo stesso tempo che offrisse diversi strati e livelli di lettura. Perché non tradurre qualcosa di quell'epicureo di Filodemo?

In futuro potrei pubblicare qui un po' di retroscena sulla traduzione e sulle mie scelte metriche e stilistiche, ma prima preferirei raccogliere un bel po' di materiale (e anche le reazioni dei miei tre lettori a questi post). Di norma, comunque, il distico elegiaco mi piace renderlo con un endecasillabo + due settenari. Finora, funziona anche senza trecentismi, barocchismi e contorsionismi linguistici troppo spaventosi per il lettore Instagram. 



E ora, un po' di bibliografia (sono semplicemente i testi che ho usato io, non è una bibliografia esaustiva ma la metto, come sempre, solo per trasparenza).

Per quanto riguarda Filodemo, obbligatoriamente:
  •    Marcello Gigante, Il libro degli epigrammi di Filodemo, Napoli, Bibliopolis, 2002.
Alle pagine 78-82 c'è il commento all'epigramma della mela, con relativa bibliografia (anche sul motivo del lancio della mela, a cui spero di dedicare almeno un video in futuro).

Per Callimaco:
  • Callimaco, Epigrammi, traduzione di Giuseppe Zanetto, introduzione e commento di Paolo Ferrari, Mondadori, Milano, 2002.
Per Asclepiade, devo essere sincero, non ricordo quale edizione usai, fu pur sempre due anni fa. Molto probabilmente fu o da Perseus (quindi ed. Paton, 1917) o dall'edizione Einaudi dell'Antologia Palatina.
  • Antologia palatina. Testo greco a fronte. Libri VII-VIII (Vol. 2), a cura di Filippo Maria Pontani, Einaudi, Torino, 2022.


Piccola nota. Non scrivo quasi mai a quale pagina ho letto una notizia perché credo che questa bibliografia possa essere d'aiuto quasi solamente per gli (scusate la parolaccia) addetti ai lavori. Non vuole essere un atteggiamento elitista o esclusivo, che sia chiaro. Questa bibliografia è soltanto per chi sa farsene qualcosa, non sono consigli di lettura (potremmo parlarne in futuro, si vedrà). D'altronde, se non carico su Instagram il testo originale delle mie traduzioni (né gli stessi riferimenti) è perché se c'è qualcuno a cui non c'è bisogno che io faccia conoscere queste cose, è proprio chi le conosce già. 

Valete.

venerdì 1 marzo 2024

"Syracusia": fonti

[ATTENZIONE: il post Instagram a cui si riferisce il presente post è stato rimosso. Lo ricaricherò in un futuro imprecisato.]


Per quanto riguarda il mio ultimo post uscito su Instagram sulla nave Syracusia [RETRIEVED] (giuro che per un po' di tempo smetterò di parlarne), metto qui i testi di cui mi sono servito per la sua realizzazione. Preferisco farlo per trasparenza, e preferisco farlo qui sul blog piuttosto che su Instagram per comodità.


Sono partito dal testo dei Deipnosofisti di Ateneo di Naucrati consultabile in inglese su attalus.com (del 1854, mica pizza e fichi) e in greco su Perseus (ed. Loeb di Gulick, che si basa sull'edizione di Kaibel).

L'edizione italiana (con testo greco e traduzione) che ho usato, soprattutto per le note esplicative, è: 

  • Ateneo, I deipnosofisti. I dotti a banchetto, su progetto di L. Canfora, 4 voll., Salerno Editrice, Roma 2001.

Segnalo, per gli interessati, il progetto Digital Athenaeus - A digital edition of the Deipnosophists of Athenaeus of Naucratis.


Per quanto riguarda la nave Syracusia mi sono servito di:

  • Lionel Casson, Ships and seamanship in the ancient world, Princeton (NJ), Princeton University Press, 1986 (una vera e propria summa della storia navale antica, abbastanza accessibile anche ai non-specialisti).
  • Turfa, Jean Macintosh, and Alwin G. Steinmayer, The Syracusia as a giant cargo vessel, in «International journal of nautical archaeology», 28.2 (1999), pp. 105-125 (DOI: 10.1111/j.1095-9270.1999.tb00826.x).
  • Meijer, Fik, and André Wegener Sleeswyk, On the construction of the ‘Syracusia’ (Athenaeus V. 207 AB)«The classical quarterly», 46.2 (1996), pp. 575-578 (DOI: 10.2307/639813).
  • Castagnino Berlinghieri, E.F., 2010, Archimede alla corte di Hierone II: dall’idea al progetto della della più grande nave del mondo antico, la Syrakosia, in Braccesi, L., F. Raviolo. G. Sassatelli (edited by), Hesperìa, 26, Studi sulla grecità di Occidente, L’Erma di Bretschneider, pp. 169-188.


Ho preso il disegno della nave da questo post su Facebook, realizzato da K. Fais.


Un video di TED-ED sull'argomento si trova qui.


La citazione dal testo di Ateneo presente nella terza diapositiva è da Deipnosofisti 5.206d.


Valete.


giovedì 29 febbraio 2024

29 febbraio 2024: scuse a un anonimo, storia di Internet, speculazioni sul futuro

Mancano pochi giorni al sesto compleanno di questo blog, Syracusia. Per festeggiare come si deve questa ricorrenza, ho deciso di scrivere un post simbolico. Non è il post numero cento, o il numero mille o il quindiciliardesimo: è il secondo. Perché questo blog, fino ad ora, non ha mai avuto un continuo.

Syracusia è uno dei tanto nomi che mi sarebbe piaciuto assegnare a una minuscola porzione del grande oceano digitale in cui nuotiamo. Una porzione in cui esprimere la mia persona, in maniera sicuramente diversa da come io faccia nel mondo non digitale. Nella stessa maniera in cui ho visto esprimersi altre persone sui blog, tra gli anni '00 e i primi '10 (fa paura usare le forme contratte per i decenni del secolo corrente, vero?). Lo spirito che animava quell'Internet che conoscev(am)o aveva un nome: si chiamava passione

Ho avuto tantissimi spazi tutti per me su Internet, ragione per cui è normale che non tutti abbiano superato la fase della prima germogliazione. Senza modestie, e di sicuro non per ostentare quei miei quindici minuti di celebrità,¹ molti hanno avuto grande seguito e hanno dato vita a un dialogo costante tra quantità di utenti non realmente comprensibili per me che, in quegli anni, ero molto giovane e venivo esposto a un mondo che non tutti conoscevano ancora. Quando si tratta di persone, le centinaia e le migliaia non sono ordini di numeri con cui abbiamo a che fare nel quotidie, generalmente.

L'Internet di oggi è molto diverso da quello di quindici anni fa, di dieci anni fa. Di cinque anni fa. Vorrei poter vedere nella tiktokizzazione i colpevoli del mondo quasi distopico in cui viviamo: vorrei additare designer, aziende e utenti (sigh, anche me stesso), tutti quanti insieme. Vorrei, ma poi penso che forse per trovare le colpe bisognerebbe, forse, tornare indietro fino all'avvento della galassia smartphone? Ma che ne so. Forse ci sarebbe da tornare ancora prima? Sono una persona dubbiosa, e le semplificazioni e i capri espiatori preferisco lasciarli a chi non ha il tempo da dedicare alla bellezza che è nella lentezza. L'evoluzione di Internet è un aspetto della nostra realtà che meriterebbe tanti, tanti di quegli studi. Hopefully, un giorno esisterà una sorta di archeo-socio-filologia digitale che si interrogherà sui motivi per cui siamo passati dai meme² sempreverdi come i rage comics a quelli che durano giorni, anche meno di una settimana.

Ma perché dilungarmi? Il nome e la storia della nave Syracusia mi piacevano così tanto che ho deciso di non fare tabula rasa (anche perché da questa tabula c'era poco da radere), ma di riprendere questo stesso blog invece di crearne uno da zero. Alla fine, si tratta dello stesso progetto che avevo già in mente qualche anno fa. Solo che ora è il 2024, tutto qua.



Google Analytics mi dice che, dalla pubblicazione del primo (unico) post, un migliaio e mezzo di persone lo hanno visualizzato/aperto/cliccato. Su questi visualizzatori, non so quanti lo abbiano effettivamente letto. Ma c'è una persona, che molto difficilmente continuerà ora a leggermi, che aveva apprezzato la storia della Syracusia. Trattasi di un anonimo che si era mostrato interessato agli eventuali ipotetici prospettati eventuali futuri argomenti³ trattati sul blog e che me lo fece sapere con un commento poche settimane dopo la pubblicazione (commento a cui risposi anni dopo e a cui rispondo nuovamente qui, ora). Non so chi tu sia, ma spero tu sia in vita, in salute e felice, e ti ringrazio per il pensiero gentile che mi dedicasti, sei anni or sono. Alcuni incontri fatti nel grande oceano digitale non si dimenticano.

Bene. Tutto questo per dire cosa?
Proverò a curare questa minuscola porzione di Internet nel tempo a venire. Non parlerò soltanto di mondo ellenistico e di opere perdute. Sicuramente ne parlerò tanto, dato che a tutti i miei auditori non-digitali ho già rotto le balle a sufficienza con queste mie fissazioni e inizio a rendermi conto che quando annuiscono da automi bofonchiando un "ma che bello..." potrebbero non essere sinceri del tutto. Ma li perdóno.

Parlerò anche di cose meno antiche, non soltanto recenti o contemporanee. Qualsiasi cosa significhi ciò. Long Now Foundation? Sì, ne parleremo. Asimov? Sì, imprescindibilmente. Intelligenza artificiale? Si vedrà. Il tutto senza obbligazioni né doveri. A parte uno: quello di non scrivere falsità, o quantomeno di provare costantemente a essere precisi, ad attenzionare le fonti, e a non mistificare. Al prossimo bisestile riparleremo di quanto veramente tenuto fede a queste promesse. Intanto, buon 29 febbraio.

Chiudo con un bizzarro epigramma letto non so dove e non so quando. Su Internet non riesco a trovarlo, ma dubito sia antico come vuol far credere. Resta comunque abbastanza simpatico.


«Domandaro a Pittaco sapiente

suoi concittadini, curiosamente:

"Che cos'è nel mondo che è insicuro,

invisibile, dubbio ed oscuro?".

E Pittaco rispose: il futuro».


Valete. 

Ricondividerò spesso vignette di xkcd, sappiatelo.





¹ Mi ero ripromesso di non usare mai questa formula straabusata, ma ci sono cascato ugualmente. Quando quella cosiddetta celebrità ce l'avevo avrei sicuramente scomodato Warhol, e forse è per questo che lo sto facendo ora.

² Nel 2018 avrei felicemente usato memi al posto di meme. Oggi dico: concediamoci di tanto in tanto il lusso di un sostantivo che sia al contempo di origine inglese, accolto quasi universalmente come invariabile e pronunciato all'italiana. A quanti altri casi simili siete in grado di pensare?

³ Sopprimiamo l'esecrabile recente uso della parola "contenuto" per indicare tutto ciò che viene prodotto per il consumo di un pubblico digitale. Ancor di più però evitiamo come la peste, vi prego, gli abominevoli derivati "creatore, creazione di contenuti". 

sabato 10 marzo 2018

Syracusia - Palazzo sul mare

Circa due millenni fa, in Medio Oriente, tirava le cuoia una persona molto speciale. Aveva 33 anni, e la sua morte portò alla nascita di un vero e proprio culto intorno alla sua figura. La sua tomba divenne presto meta di innumerabili pellegrinaggi e, secondo certe credenze, questa persona sarebbe stata il figlio di una divinità (benché da un punto di vista più scientifico queste affermazioni non risultino molto fondate).
In vita, il suo obiettivo era stato quello di unire genti e popoli diversi sotto un unico grande regno, al punto di essere chiamato "signore" e "re". Noi, guardando il nostro mondo e nel particolare la civiltà occidentale, vediamo i segni indelebili del suo operato, ancor oggi evidentissimi.
Sulla sua vita sono state tramandate tante storie, e non solo per tradizione indiretta: alcuni dei testi che lo riguardano sono stati scritti proprio da persone che lo conobbero personalmente e che trascorsero parte della loro vita con lui, accompagnandolo nella sua missione. 
Tra le più interessanti, a mio parere, c'è quella del suo ingresso a Gerusalemme e dell'accoglienza trionfale con cui gli abitanti della città lo onorarono. Evento senza ombra di dubbio da collegare a ciò che i profeti Isaia e Daniele avevano predetto secoli prima: un giorno il loro dio Yaweh avrebbe inviato agli Ebrei un salvatore, un re che occupasse il trono di Salomone. In lui gli Ebrei videro il Messia promesso, e gli aprirono le porte della loro Gerusalemme.
Altra storia interessante, ma ancor meno fondata dei suoi presunti natali divini, è quella della sua ascensione al cielo. Personalmente la ritengo una leggenda, per quanto affascinante e romantica essa sia, ma so di avere buona compagnia in questa mia convinzione.
E qui ci fermiamo. 
Sì, perché mica possiamo stare qui a parlare di Alessandro Magno tutto il giorno, Cristo santo.
Busto di Ale al British Museum
Non è di Alessandro che voglio parlare, ora come ora. È di qualcosa di molto più grande. Molto, molto, molto più grande. L'unico paragone azzeccato che mi viene in mente è quello del rapporto di grandezza tra un uomo e una nave.
Infatti è proprio di una nave che voglio parlare. Si tratta della Syracusia, da cui prende il nome questo blog.
Più o meno tutti hanno sentito parlare delle sette meraviglie del mondo classico. Ripassiamole per rinfrescarci la memoria: stiamo parlando di due tombe monumentali di re (Piramide di Cheope e Mausoleo di Alicarnasso), due statue gigantesche di dèi (Colosso di Rodi e Statua di Zeus a Olimpia), un tempio riccamente decorato (Tempio di Artemide), una torre luminosa molto alta (Faro di Alessandria) e un orto botanico paradisiaco (Giardini pensili di Babilonia). Furono queste costruzioni, sparse un po' ovunque per il mondo allora conosciuto, a colpire gli abitanti dei regni nati dalla scissione dell'impero di Alessandro e a indurli a stilare una vera e propria Guida Turistica del Mondo Ellenistico™, la lista delle sette meraviglie del mondo (anche se il termine usato originariamente significava cose da vedere, ma ciò avvalora ancora di più l'idea della guida turistica).
A queste si sarebbe benissimo potuto aggiungere un altro capolavoro dell'ingegno umano: la nave Syracusia.
Nell'anno 240 a.C. le acque color del vino del Mediterraneo venivano solcate da un mastodonte di legno dalle dimensioni inaudite. Ben 110 metri di lunghezza, più o meno le dimensioni di un moderno campo da calcio. Fino ad allora nessuno aveva mai visto un'imbarcazione tanto grande (o almeno non che ne abbiamo notizia; se poi vogliamo unirci a R. E. Howard e immaginare un'Era Hyboriana preistorica in cui all'epoca dei Neanderthal c'erano già regni splendenti che si stagliavano per il mondo come manti blu sotto le stelle possiamo anche farlo. Ma ne parleremo un'altra volta).
Questa nave immensa era stata commissionata dal tiranno siracusano Gerone II all'ingegnere Archia di Corinto, che nella sua progettazione si fece aiutare da un personaggio presente in tutti i libri di fisica delle nostre scuole: Archimede. Archimede, quel famoso Archimede, famoso per quel famoso principio che porta il suo famoso nome. Ed è proprio in questa storia che si inserisce la scoperta del suddetto principio, che infatti è collegato proprio al galleggiamento dei corpi.
Un altro dei motivi per cui ricordiamo Archimede è quello di aver detto una parola strana e difficile da ricordare:
Poi qualcuno mi spiega perché Archi qui è così felice se accanto a lui c'è la testa decapitata di Edi
Ok no, forse lo immaginiamo più così:

Probabilmente la storia di Archimede che scopre il principio che regola la spinta idrostatica proprio mentre si trova nella vasca da bagno è tanto infondata quanto quella secondo cui sia stato lui l'inventore delle paperelle di gomma (la pecca principale di questa ipotesi è che nel III secolo a.C. ancora non si sapeva come lavorare la gomma e il cloruro di polivinile, ma ci sto lavorando, non è una teoria eccessivamente campata in aria). 
È molto più probabile che Archimede abbia scoperto il principio durante i suoi studi e che non si sia mai messo a correre nudo per le vie di Siracusa gridando "eureka", come ci suggerisce l'amico Vitruvio. Nonostante io creda che la versione preferita sia unanimemente la seconda, il punto è che molto probabilmente questa scoperta sia da collegarsi alla costruzione della nave Syracusia.
Infatti, una nave creata con lo scopo di essere la più grande di tutte doveva essere di conseguenza anche la più pesante. Al peso della nave stessa va ad aggiungersi quello del carico, descritto minuziosamente da Ateneo nella sua opera I Deipnosofisti, in cui tramanda la descrizione della nave fatta da un autore precedente, Moschione.
La Syracusia era infatti destinata a trasportare:
  • 60.000 misure di grano
  • 10.000 vasi di pesce sotto sale
  • 74 tonnellate di acqua potabile
  • 600 tonnellate di lana
  • 600 tonnellate di altre merci.

A tutto questo ben di Dio si aggiungevano circa 1000 passeggeri. Di questi, 142 avevano le proprie cabine di prima classe, sul ponte superiore.
Oltre ai passeggeri che stavano prendendo parte a quella che era sostanzialmente la prima crociera della storia erano presenti anche 200, o forse 400, soldati, che avevano l'incarico di difendere la nave da un alquanto possibile attacco pirata. A loro disposizione avevano l'artiglieria progettata dallo stesso Archimede (che, ricordiamo, fu anche l'inventore di quelle macchine belliche infernali usate per difendere Siracusa da Roma durante la seconda guerra punica): una gigantesca catapulta e due baliste capaci di scagliare rispettivamente massi da 80 kg e dardi lunghi 6 metri.
Il ponte superiore era sorretto non da semplici colonne, ma da statue lignee del titano Atlante alte 3 metri. C'era un ponte di passeggiata con fiori e piante, in particolare edere e altre rampicanti. Conduceva a un tempietto in onore di Afrodite, squisitamente decorato con statue e immagini. Il pavimento era di pietra d'agata.
Oltre al tempio erano presenti una piccola biblioteca, un ginnasio, dei bagni con acqua calda (paperelle di gomma incluse, secondo alcuni), una sala da pranzo, cucine con magazzini, forni e mulini. Era a tutti gli effetti una piccola città, un palazzo sul mare
Le pareti dell'interno della nave erano rivestite di 1000 mosaici che ritraevano scene dell'Iliade. Insomma, quando si parla di ottava meraviglia, è alla Syracusia che bisogna pensare, senza ombra di dubbio.

La nave fu costruita da 300 operai in circa un anno. Quando i lavori terminarono, il problema più grande era quello di varare una nave 50 volte più grande di una comune trireme. E qui entra in gioco un'altra frase famosa attribuita ad Archimede: quella cosa sulle leve e sulle manie di grandezza del matematico siracusano. Datemi un punto d'appoggio e solleverò la Terra, ecco.
Archimede riuscì effettivamente a spostare quel giocattolino che era la Syracusia dalla terraferma al mare, usando un sofisticato sistema di specchi e leve e stupendo Gerone.
Tutto è bene ciò che finisce bene, ma non era questo il caso. Già, perché c'era un problema.
Avete presente quando trovate la t-shirt dei vostri sogni e la comprate, per poi scoprire che vi sta piccola? In quel caso l'unica soluzione sarebbe regalare la maglietta a un amico facendogli credere che l'avete presa apposta per lui.
Gerone II si trovò più o meno in questa situazione, perché la Syracusia era così grande che non poteva entrare nel porto di Siracusa. Né in qualsiasi altro porto della Sicilia. Né in qualsiasi altro porto del Mediterraneo, a eccezione di uno.
Avete presente quando la maglietta che state dando via ha un disegno dei Pokémon e avete un amico che ha proprio la taglia della maglietta e a cui i Pokémon sono piaciuti fin da quando aveva quattro anni? E per di più siete in ottimi rapporti e la t-shirt potrebbe migliorare ancora di più la vostra amicizia?
Gerone è stato forse il più fortunato nella storia di quelli che dovendo dare via un regalo scomodo hanno trovato la persona più adatta a cui rifilarlo, un po' come qualcuno di cui non ricordo il nome che qualche anno fa è riuscito a farmi diventare il legittimo proprietario della sua edizione di Dal big bang ai buchi neri di Stephen Hawking, che non credo gli manchi più di tanto. Nel mio caso, ho apprezzato così tanto il regalo che il misterioso benefattore è stato vittima di damnatio memoriae e adesso non ricordo nemmeno la sua identità. In quanto al libro, non ne ricordo l'ubicazione.
Nel caso di Gerone invece andò tutto alla perfezione. Costruisci una nave gigantesca, non sai dove metterla e quindi la mandi come regalo al faraone d'Egitto, Tolomeo Evergete, che, guarda un po', vive proprio ad Alessandria, la più grande e importante città portuale del mondo conosciuto. Andiamo, puoi forse chiedere agli dèi di darti più fortuna di così? Ti può forse andare meglio?
Quindi sì, si può proprio dire che la Syracusia andò in porto. E vissero tutti felici e contenti.
Se poi la nave restò nel porto, non è dato saperlo. Gli storiografi hanno raccontato soltanto del suo viaggio da Siracusa ad Alessandria, senza ulteriori informazioni sul destino della nave, ma a noi non resta che immaginare quale portentosa meraviglia fosse una nave del genere nel III secolo a.C.